Correva l’anno 1993. Bardi. A vivere nel castello arriva il lupo italiano. La Stampa 20 luglio 1993

 Una coppia di esemplari ospitata nella fortezza di Bardi.

La zona selvaggia e boscosa intorno al castello di Bardi, sull’Appennino parmense, da questi giorni offre un motivo di richiamo in più: una coppia di lupi italiani. Saranno ospitati permanentemente in un punto della fortezza circondato da alte mura medioevali e caratterizzato da adeguata vegetazione. Questa specie nacque solamente una trentina di anni or sono, dall’accoppiamento del cane con il lupo selvatico. Fu un autentico primato mondiale italiano, e la soddisfazione fu ancora maggiore di fronte al fatto che in precedenza, per molti anni il grande etologo Konrad Lorenz aveva inutilmente tentato di ottenere dall’incrocio del cane con il lupo selvatico una razza che fosse dotata della docilità ed adattabilità domestica del cane e della forza e acutezza di sensi del lupo. I cuccioli, come capitò ad esempio con il cane di Saarlos in Olanda, presentavano invece, regolarmente, un’eccessiva aggressività oppure erano di una timidezza estrema. I lupi italiani sono animali riservati, affettuosi ma attenti, lontani da quell’atteggiamento di immediata disponibilità che caratterizza la maggior parte dei cani. Molto belli, hanno manto fulvo, muso appuntito, occhi dorati, lunghe zampe esili; pesano sui 35 chili, l’altezza è sui 60/70 centimetri. Non sono feroci, a condizione di non essere provocati. In trent’anni di esistenza della specie, non si è mai verificato un caso di aggressione a bambini. Unico allevamento è, nel mondo, quello di Cumiana, nei pressi di Torino. Da qui proviene anche la coppia che vivrà a Bardi. Il controllo su questi animali, nelle cui vene scorre una notevole percentuale di sangue di lupo appenninico, non rientra fra le competenze dell’Ente Nazionale Cinofilia italiano, ma è affidato all’Ente Tutela Lupo Italiano (Etli), organismo statale appositamente creato dalla presidenza della Repubblica. Ad esso appartengono tutti gli esemplari – 500 in totale, nel mondo – che possono essere solamente affidati (e non venduti) ai molti che li richiedono. Il che tra l’altro è la ragione principale della ristrettezza di fondi nella quale l’Etli si dibatte, da anni aspettando contributi statali promessi proprio per consentire la sopravvivenza della specie. Anche l’accoppiamento deve avvenire secondo criteri stabiliti dall’Etli, e alla presenza di almeno due testimoni. La commercializzazione finirebbe infatti con il minare la purezza di questa nuova specie, spiega Giovanni Todaro, che ha in casa una coppia di questi animali. Titolare di un’agenzia di pubbliche relazioni, è una delle venti persone che nel capoluogo lombardo si sono viste con¬ cedere l’ambito affidamento. Le ragioni per cui si richiedono questi animali riguardano, per lo più, scopi di pubblica utilità, come ricerca di persone disperse, supporto alle guardie forestali, compiti di polizia. L’ultima impresa di cui uno di essi fu protagonista avvenne in occasione del terremoto del Cairo: Loughi, 18 mesi, riuscì a trovare una persona che giaceva ancora viva sotto le macerie, ottanta ore dopo la scossa e quando le altre ricerche erano già state sospese. Alla cooperativa Diaspro Rosso, che gestisce il castello di Bardi, verranno affidati i due esemplari, con il compito di farli vivere il meglio possibile e, al contempo, di mostrarli al pubblico durante l’orario di apertura della sede. Per i visitatori, sarà pure un’occasione per riconoscere l’aspetto del lupo selvatico, che nella zona non si è veramente mai estinto, così come le segnalazioni, soprattutto di questi ultimi anni, confermano sempre più di frequente. Verso gli esseri umani sono del tutto inoffensivi, tanto che la loro presenza a volte non viene neppure sospettata persino in zone dove, in realtà, ce ne sono parecchi. Sull’Appennino parmense ne sono stati segnalati in più d’una zona anche di recente; durante la primavera scorsa ne sono stati avvistati tre, insieme, nei pressi di Cerreto, sopra a Noveglia. I lupi appenninici sono in aumento grazie all’abbandono dei boschi e all’aumento degli ungulati, soprattutto dei cinghiali, ormai talmente numerosi da costituire un problema per l’agricoltura. Omelia Rota Il lupo italiano, un incrocio tra il cane e il lupo selvatico appenninico

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