Il castello di Varano de’ Melegari


Posta sulla riva sinistra del  Ceno la fortezza di Varano ha da sempre svolto il compito di sorvegliare il corso del fiume e le strade che portavano alla via Emilia, in Liguria e in Toscana. Non sappiamo esattamente l’epoca di costruzione del castello, ma la sua storia è legata indissolubilmente a quella della casata dei Pallavicino, che possedevano, nella zona, anche i castelli di Riviano, Montesalso e Serravalle.  I marchesi Pallavicino sono un’antica stirpe longobarda il cui capostipite Adalberto giunse in Italia nel X secolo a fianco dell’imperatore Ottone I, per conquistare il paese. È proprio nella “Cronaca Pallavicina”che si trova il primo riferimento storico del castello: nel 1087 viene menzionato come patrimonio ereditato da Uberto, nipote di Adalberto.


Altri documenti ci parlano della sua costruzione nel 1208, sull’impianto di un preesistente fortilizio del XI sec. e su di un castrum romano, sopra uno scoglio di arenaria, anche se deve il suo aspetto attuale ad interventi del ‘400. Rappresenta uno degli esempi più avanzati di architettura militare del ‘400, impegnata ad adattare alle nuove esigenze belliche i vecchi schemi difensivi. Ciò che appare certo è che nel 1297 ne era prevista la demolizione da parte di forze guelfe, a causa della sua appartenenza alla famiglia Pallavicino di fiera stirpe ghibellina, ostile al comune di Parma.

La storia del XII – XIII sec. è spesso intrecciata alle sanguinose contese di potenti signori quasi sempre schierati in due fazioni distinte: il partito guelfo che rappresentava gli interessi del Papa ed il partito ghibellino a sostenere quelli dell’imperatore (Federico II di Svevia). Nella provincia di Parma due famiglie su tutte si distinsero per la loro fedeltà all’imperatore Federico II di Svevia, per il quale il XIII sec. rappresentò un periodo d’oro: i Pallavicino e i Landi (signori del castello di Bardi). Dal Po all’Appennino, tra le province di Parma e Piacenza essi consolidarono i loro possedimenti fino a creare 2 stati sovrani con diritto di battere moneta, che resisteranno fino all’avvento dei Farnese. I Pallavicino ebbero come capitale dei loro feudi Busseto, mentre i Landi si costruirono lo stato nell’alta Val Taro e Ceno, avendo così 2 centri di potere: Compiano e Bardi. In realtà il castello di Varano non fu mai distrutto e rimase ai Pallavicino fino agli inizi del ‘400.

Il castello nella sua forma attuale è il risultato di aggiunte successive effettuate attorno a quella che ne è la struttura originaria, cioè il mastio o dongione, un torrione angolare impostato su un’alta base scarpata, situato a nord, con piombatoie a strapiombo e merlatura ghibellina (oggi non più visibile), che serviva da difesa laterale alla cinta muraria che racchiude il cortile. Per l’arte fortificatoria medievale il Mastio costituiva una struttura di notevole importanza: la torre principale, la parte più fortificata della cinta muraria (che viene chiamata dongione quando costituisce un corpo a sé, staccato dal resto della struttura e mastio quando è inglobato ad essa). Era questo il caso del castello di Varano, in cui il dongione in un primo tempo era collegato al resto della struttura da un ponte levatoio, e circondato da un fossato naturale ricavato dalle acque del vicino rio Boccolo. Solo in un secondo momento il mastio è stato assemblato al resto dell’edificio, come è possibile vedere dal muro del cortile interno.

Nel mastio il feudatario poneva la sua dimora, nella torre si trovava il magazzino dei viveri, la riserva d’acqua, e tutto ciò che occorreva al presidio armato che vi si poteva asserragliare nell’estremo tentativo di salvezza. Inoltre il mastio simboleggiava il diritto che il signore aveva di percepire gli obblighi che gli abitanti avevano assunto non verso di lui ma verso il castello, quali la guardia, la manutenzione delle fosse, la difesa e la vigilanza delle mura, la ronda.

Il dongione di Varano, oltre ad assolvere funzione di vigilanza sull’importante tracciato viario costituiva, grazie alla sua posizione strategica, un valido avamposto del castello di Serravalle, con il quale era in costante contatto visivo. Su ciascun angolo del mastio sono incise le parole: “cristus rex venit in pace et deus homo factus est”( Cristo Re venne in pace e da Dio fu fatto uomo). Al piano terra c’era la prigione comunicante, tramite una scala, con la sala del tribunale (posta al 1°piano) dove venivano istruiti i processi ed eseguite le sentenze. Al 2°piano c’era la camera da letto del castellano e sopra ancora la stanza dei servi che serviva anche da granaio. L’intera struttura era collegata al castello attraverso un ponte levatoio che, una volta alzato, lo isolava completamente. Il mastio era posizionato sullo spigolo nord verso la strada, ed attualmente costituisce l’ingresso del castello, tramite un piccolo giardino.

Il resto del castello fu costruito nel XV secolo e deve la sua forma attuale (a pianta rettangolare con cortile interno, torri angolari e camminamenti di ronda) ai lavori realizzati nel ‘400, probabilmente di grande importanza l’impronta lasciata dai Visconti durante il loro dominio (1405-52), visto lo stile delle torri e dei camminamenti di ronda tipico delle rocche lombarde, nonostante l’esterno ricordi quello delle coeve rocche di Torrechiara, Roccabianca e Castelguelfo.

Il castello rimase ai Pallavicino fino agli inizi del ‘400 quando Rolando Pallavicino (1394-1457 detto il Magnifico) svolse numerose imprese militari e diplomatiche per i duchi Visconti di Milano. Con la sua morte si ha la smembramento in più signorie dello stato pallavicino e la sottomissione del casato ai duchi di Milano. Coinvolto con i Rossi e i Terzi in uno scontro tra fazioni per il controllo di passaggi strategici sul Po e della viabilità della Via Emilia. Il castello a seguito di questi scontri fu preso da Ottobono Terzi e consegnato ai Visconti di Milano. Sotto il loro dominio, dal 1405-52 Varano vide l’imprigionamento e la rocambolesca fuga di Annibale Bentivoglio, signore di Bologna, avvenuta nel 1442.

Nel 1452 Rolando il Magnifico riconquista il feudo e il castello ritorna nelle mani dei Pallavicino, che gli faranno assumere il suo particolare assetto, che lo rende un unicum nel suo genere: il castello è dotato di 4 torri non angolari: di cui 3 allineate nella facciata di sud-ovest, che guarda verso il Ceno e lo stretto borgo, e 1 il mastio, nello spigolo del lato nord. Il rapporto tra le torri è quindi completamente sovvertito: mentre 3 torri sono in posizione angolare, la 4° si trova allineata alle altre due sul lato sud-ovest, lasciando completamente sguarnito l’angolo occidentale, forse meno vulnerabile o forse incapace di sopportarne il peso. La presenza di una torre di troppo sul fronte può essere motivata con l’esigenza di proteggere l’ingresso, posto proprio nella torre centrale (ma non in facciata bensì su un fianco), defilato sul lato sinistro, così da rendere impossibile l’utilizzo di arieti o altre macchine di sfondamento (soluzione insolita, ma tatticamente efficace). Anticamente di fronte all’ingresso vi era la chiesetta di corte, di cui sono ancora visibili (dai camminamenti di ronda) finestre e aperture, coperta da un tetto a capanna. Se vogliamo immaginare le antiche mura dobbiamo seguire la fila delle case del borgo.

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